martedì 28 agosto 2007

Religione, D-o e democrazia

Il dibattito sui mutevoli equilibri tra politica e religione resta uno degli argomenti con cui la scienza e la filosofia politica ha provato a confrontarsi in tutte le diverse epoche storiche.

Da quella frase di Gesù – “Date a Cesare quel che è di Cesare, date a D-o quel che è di D-o” – il mondo politico ha dovuto confrontarsi con una realtà più complessa e dai confini meno definiti di quella della forma dello Stato ideale.

A seconda delle varie epoche il punto di equilibrio di questo rapporto si è spostato variamente verso uno di questi due poli: si passa dalle teorie più radicali della filosofia politica medievale alla visione marxista della religione, passando attraverso la teoria dei due soli.

Nei Paesi che potremmo definire occidentali un equilibrio più o meno stabile è stato trovato attraverso l’applicazione del concetto di laicità per il quale la religione deve restare una caratteristica propria della sfera personale degli individui che deve essere comunque garantita dallo Stato.

Ma benché altre culture non siano giunte alla teorizzazione e all’applicazione di questo concetto, non riuscendo ad arrivare una netta separazione tra potere politico e religioso, queste sono comunque costrette a confrontarvisi.

Credo che si possa trovare un equilibrio perfetto tra questi due poli e che questo dipenda dalla cultura e dal epoca storica. Non per questo motivo bisognerebbe limitarsi a una semplice ammissione di questa realtà.

In questa continua relazione di frizione il ruolo più complesso è quello di quei credenti che vogliano partecipare attivamente alla vita politica del proprio Paese o della propria comunità. In realtà a mio parere il discorso andrebbe posto differentemente. Il fatto di essere profondamente convinti dell’esistenza dell’Onnipotente non è di per sé strettamente esposta a tensioni con il campo politico. Si prenda l’esempio della Massoneria, salvo per quella francese, in cui la credenza nell’Essere Suprema non pone alcuna complicazione o difficoltà a partecipare alla vita politica e ad essere buoni cittadini. Molti politici italiani sono massoni e questa loro appartenenza non inficia in alcun modo la loro azione pubblica.

Il discorso muta leggermente quando si sposta il discorso sulle religioni, ossia si passa a un rapporto fra due diverse istituzioni che obbediscono ognuna a diverse regole e leggi. In questo caso il rapporto si fa conflittuale.

E’ il caso delle tre religioni monoteistiche, anche se il discorso, nella sua eccezione di rapporto tra due diversi poli, potrebbe essere ristretto alla sola esperienza cristiana. Le eccezioni non mancano ma se si parla di democrazie nel senso proprio del termine il numero di queste è approssimabili allo zero. Non per questo però si dovrebbe limitare il discorso al solo cristianesimo peraltro già trattato da Weber in “Etica protestante e spirito del capitalismo”.

Per quanto riguarda invece il mio parere personale sulla questione dei rapporti tra politica e religione, ma soprattutto se la credenza in D-o sia necessaria per essere buoni cittadini, credo che la fiducia nella credenza nell’Onnipotente siano uno dei capisaldi che faciliti l’essere buoni cittadini. Il fatto di riporre questa fiducia porta a comportarsi con gli altri come creature della stessa Entità, dunque come propri pari e simili. È l’applicazione del concetto “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. In questo caso l’uomo è portato a vedere nell’altro, come in uno specchio, una sua immagine riflessa, fatto che può portarlo a cercarne di condizione.

Qui non si tratta di parlare di compassione o commiserazione per l’altro come sosteneva Nietzsche riguardo al cristianesimo, ma di costruire un’ideale di uguaglianza, che poi non è che il caposaldo della democrazia stessa. Benché i giacobini e i girondini facessero derivare il tutto dalla semplice forza della Ragione, essi coniarono il motto “Liberté, égalité, fraternité” in cui è insito, nolente o volente, una forza divina.

Molto spesso il nostro credo laicista ci porta ad affermare che qualsiasi intrusione di elementi “divini” all’interno del campo politico sia negativo e controproducente all’affermazione di una democrazia perfetta, che però a volte assomiglia di più a un’utopia di stile marxista, dove la religione gioca solo il ruolo di “oppio dei popoli”.

Dove si nasconde il problema se l’idea di D-o è portatrice di elementi di unità e fratellanza universale? Anzi un tale ideale non potrebbe altro che amplificare l’amicizia tra i vari popoli e da lì portare ad un miglioramento delle varie condizioni di vita nazionali. Un simile mondo vedrebbe come obiettivo la riduzione delle divergenze economiche e sociali non solo nazionali ma anche internazionali.

D’altra parte però le religioni, come tutte le istituzioni, si fanno portavoce di istanze spesso conservatrici e immobilistiche, caratteristica collegata all’immanenza divina, che impedisce un corretto avanzamento delle legislazioni e una buona gestione delle problematiche sul breve periodo.

Inoltre uno dei problemi maggiori in materia è di carattere linguistico in quanto si tende spesso a semplificare il tutto all’opposizione democrazia-teocrazia. Questo fatto non prende in considerazione un altro termine, caricando così negativamente un termine come teocrazia che invece a mio parere dovrebbe avere un accezione positiva. Come Aristotele divideva il governo del popolo tra politia e democrazia, rispettivamente la forma corretta e quella degenerata, parimenti si dovrebbe fare con il “governo di D-o”, dividendolo in teocrazia e ierocrazia.

Spero che ti potermi confrontare su questi temi di riflessione anche all’interno del Vostro corso, alla ricerca di nuovi spunti di riflessione e nuovi campi d’indagine.


Lorenzo

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Che cos'è Degania?

Degania Alef was founded in 1909 by seven Second Aliyah Halutzim (Halutz), who came from Rumania, on land acquired by the Jewish National Fund. Although the economically successful as a settlement, the group dispersed a year later. In 1911, the place was resettled by a group of pioneers from Russia known as the "Hadera Commune".

Degania Alef was the first settlement based on communal living and became known as the "Mother of the kevutzot". Members of Degania Alef insisted on maintaining the frame of the small kevutzah, as opposed to the bigger collective settlement - the Kibbutz - and therefore, in 1920, with the coming of Third Aliyah pioneers, Degania Bet was founded. In 1932, part of the land was granted for a third collective settlement - kibbutz Afikim.

View of Degania (1941) During the War of Independence, the Syrian army reached the gates of Degania Alef, but was bravely repulsed. A burnt Syrian tank remains on the site as a memorial. The two Deganias have a combined population of nearly 1,000. Due to the hot climate and abundance of water, both Deganias are engaged in fully irrigated farming. Degania Bet has also a metal factory and Kadish Luz were members of Degania Bet. A.D. Gordon, Arthur Ruppin, Otto Warburg and other founders of the labor settlement movement are buried on Degania Alef.